mercoledì 30 dicembre 2020

La serie della letteratura giapponese ~379~


Due illustrazioni
della strada della carestia (sopra)
e quella dell'animale (sotto)

 

Houjyouki (La descrizione della vita in una capanna)

~Il saggio scritto da un monaco che ha fatto la vita da eremita, chiamato Kamono Nagaakira con nome da laico~

 

Il testo (35) ~ fine ~

 

All’alba silenziosa, pensando le cose suddette, io mi domando:

 

“Sei entrato nella strada buddista e ti sei ritirato dalla vita secolare. E hai voluto sistemare il tuo cuore per addestrarti al Buddismo. Ciò nonostante, tu, avendo la figura proprio come un monaco sacro, il tuo cuore è contaminato profondamente dagli attaccamenti.

 

La tua abitazione è costruita su modello di quello di Vimalakirti (un mercante vissuto nell’antica India, che ha imparato profondamente l’idea “nulla (Sunya, in sanscrito) ” del Buddismo Mahayana. Lui non si è fatto monaco, ma, ha appreso a fondo il Buddismo da un laico è considerato l’essere ideale nella storia di quello Mahayana) ingiustamente, pero, tu non hai raggiunto nemmeno il livello dell’addestramento che aveva fatto il discepolo più ignorante del Budda.

 

Casomai, questi tuoi attaccamenti sono causati dalla tua povertà che forse è nata dal tuo karma? Oppure, le tue varie illusioni sono aumentate, di conseguenza, queste conducono le tue pratiche religiose alla direzione sbagliata?”

 

Quando mi ho domandato così, il mio cuore non rispondeva niente.

 

Comunque, pero, ho continuato a studiare il Buddismo stentatamente. E per la domanda suddetta, mi sono concluso di recitare “Namu Amidabutsu (significa di avere fede in Budda Amitabha)” solo tre volte malvolentieri (1).

 

Verso la fine marzo dell’anno 1212, il monaco Renin (il nome da monaco di Nagaakira) ha scritto questo saggio nella capanna di sotto una montagna in Hino (il nome del sobborgo di Kyoto).

 

(1) Questa parola “malvolentieri” è non è facile da capire, ma, un studioso ne ha detto come seguente:

 

L’autore confessa onestamente la sua immaturità come il buddista in questo saggio, e soprattutto riflette molto la mancanza delle sue pratiche ascetiche. E il recitare il nome di Amitabha è anche una pratica. Perciò lui ha detto “malvolentieri”, pensando la sua pratica immatura.