mercoledì 28 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 29 ~



La festa di Setsubun


Makura no Soushi (29)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (28)

Ventiduesimo paragrafo ~ 1 ~

Quelli che ci fanno perdere l’interesse:

Il cane che abbaia di giorno.
Il Kimono (abbigliamento) da vestire in aprile e maggio, che è dipinto il disegno della prugna (significa “di fuori stagione”).
Il vaccaio di cui i bovini sono già morti.
La capanna da partorire in cui il bambino è già morto.
Il braciere e focolare in cui è spento il fuoco.
Il professore che ha avuto solo le figlie (significa che lui non aveva il successore, perché in questo periodo, le donne non riuscivano a lavorare come il professore).  
Quando visito a casa di un conoscente per Katatagae (1), lui pero, non mi offre il pranzo buono. È veramente deludente! Poi, se questo giorno è Setsubun (2) è ancora scoraggiante.

N.B

(1).Katatagae significa “cambiare la direzione d’andare”. È una usanza vecchia, che era di moda soprattutto fra la società aristocratica nel periodo Heian, eseguita basando sul principio “Yin e Yang”.  Nel caso di uscire fuori, si faceva una predizione da Onmyouji (consultate per favore “Makura no Soushi (24)”) se la direzione giusta o no. Perché, si credeva che c’erano i cinque divinità moventi ai punti della bussola e se ci fosse una di queste alla direzione che lui voleva andare, lui, per non violarla, andava una volta alla direzione diversa, e poi dopo d'esserci stato un certo tempo, partiva di nuovo per dove voleva, calcolando il momento giusto che se n'è andata via già la divinità. In questo caso, lui ha scelto la casa di un conoscente che abitava nel luogo dove la divinità della direzione non stava. E normalmente il padrone lo trattava bene offrendo magari un pranzo buono.

(2) Setsubun significava il giorno precedente di quello che comincia la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno. Ma, poiché nel calendario lunare si attribuiva grande importanza al giorno primo della primavera, cioè l’ultimo giorno dell’anno, si facevano i vari avvenimenti in questo giorno. Soprattutto, è famoso la cerimonia di Tsuina che significa “cacciare via i diavoli”. Questa è rimasta alla posterità e ancora adesso, noi giapponesi la pratichiamo dicendo “la fortuna dentro, il diavolo fuori”, spargendo la soia al giorno 3 febbraio (equivale l’ultimo giorno dell’anno nel calendario lunare).


Perciò, Shonagon dice, visitando un conoscente per fare Katatagae nel giorno di Setsubun cosi importante, se non si tratti bene, sentirebbe delusa.

domenica 25 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 28 ~



Tre foto di Gosechi no Maihime


Makura no Soushi (28)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (27)

Ventunesimo paragrafo ~ 2 ~

Se una donna, avendo la esperienza di aver servito una volta nel palazzo imperiale come l’ancella di alto grado, si sposi con un Zuryo (1), sarebbe la moglie migliore per il suo marito. Perché, quando il marito deve presentare Gosechi no Maihime (2) al palazzo imperiale, sua moglie potrà aiutarlo bene giacché lei conosce molto dettagliatamente il sistema di questo avvenimento. Lui non perderà mai la faccia grazie a lei, o anzi sarà guardato con lo stimo da tutti quanti.

(1) Zuryo significa il governatore di una provincia (è chiamato “paese” nel vecchio tempo). In questo periodo Heian, ci sono stati 68 paesi (tranne Kyoto) e 13 fra questi sono chiamati i grandi paesi, 35 sono superiori, 11 sono medi, e 9 sono bassi. E naturalmente se un nobile fosse nominato il governatore del paese grande, era tanto fortunato. Perché, in questo periodo, se un governatore di un paese avvia pagato le imposte fisse al governo centrale di Kyoto, ha potuto ottenere tutto il resto nella sua tasca. Perciò, se il paese che lui amministrava era tanto meglio quanto grande per lui, perché le sue entrate potevano essere anche grandi.
Solitamente, sono stati nominati i nobili di classe media o bassa come Zuryo, perché quelli di classe alta sono stati nel gabinetto centrale in Kyoto.


(2) Gosechi significa le cinque tonalità della musica e Maihime è la danzatrice. Nel vecchio tempo, quando si teneva Ninamesai (una festa della nuova raccolta che si celebra dall’imperatore ogni anno) e Daijyosai (è Ninamesai che si celebra prima volta dall’imperatore nuovo dopo la intronizzazione), le 4 o 5 danzatrici giovani hanno dedicato la danza particolare con la musica di cinque tonalità a questa festa. Queste danzatrici erano scelte fra le figlie della famiglia nobile di alta classe e poi anche di Zuryo. Ma, nel periodo medio di Heian, come già ho scritto, è cominciato a considerare non va bene se una donna nobile di alta classe faceva vedere la sua faccia in pubblico. Perciò a questo periodo in cui Makura no Soshi era scritto, era normale che i nobili di classe media e bassa presentavano la loro figlia o qualcuna di parente come Gosechi no Maihime per l’ordine del nobile di alta classe. E ovviamente, lui ha dovuto preparare tutti gli oggetti indispensabili per la festa come il vestito, ornamento, ventaglio eccetera per la figlia. Era l’avvenimento onorevole, ma costosissimo a lui!

mercoledì 21 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 27 ~


Due foto della festa di Kamo


Makura no Soushi (27)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (26)

Ventunesimo paragrafo ~ 1 ~

A me, non piace tanto, o anzi è insopportabile, di vedere la donna del tipo di vedute meschine che si interessa solo della felicità famigliare stando sempre in casa. Secondo me, una donna che è nata nella famiglia buona, avrebbe bisogno di vedere la società largamente servendo come l’ancella nel palazzo imperiale. Sarà ancora meglio se lei possa diventare una ancella di alto grado anche se siano per pochi tempi.

Io odio l’uomo che accusa la donna che serve nel palazzo imperiale, ma, riflettendone bene, io dovrò purtroppo riconoscere questo modo di pensare. Perché, se una donna serva come l’ancella, sarebbe vista da non solo l’imperatore ma anche dagli altri nobili e cortigiani oppure anche dai vari uomini di sevizio che lavorano per esempio nel giardino. Per una ancella, nascondere la sua faccia da tutti gli occhi degli uomini che stanno nel palazzo, è troppo difficile.

(N.B
In questo periodo, per la donna aristocratica di classe media e alta, era abitudine di non farsi vedere la sua faccia agli altri tranne i membri della sua famiglia e marito.)

Perciò, quando una donna che ha esperienza di aver servito come l’ancella una volta, si sposa, suo marito spesso ne tiene un po’ meno soddisfazione. Questo può essere logico, ma…,
Per esempio, se lei avvia l’esperienza di essere stata vicino all’imperatore ogni tanto come l’ancella di alto grado, oppure di aver partecipato alla festa di Kamo (1) come la messaggera dell’imperatore, è veramente la cosa onorevole per lei!

(La festa di Kamo è la festa più antica in Giappone. La festa che si tiene nel tempio scintoista Kamo (ci sono due) in Kyoto. Attualmente, si dice una di tre grandi feste in Kyoto, con la festa di Gion e quella di Jidai e adesso la festa di Kamo si chiama anche la festa di Aoi. Perché questa festa si tiene in 15 maggio oggigiorno (nel vecchio tempo in aprile, per la differenza del calendario lunare e quel solare), e in questo giorno, la processione composta di Saio Dai (Saio significa una figlia vergine dell’imperatore che serviva come la diaconessa a questo tempio per un certo periodo e Dai significa “la sostituzione”, e attualmente serve il ruolo di Saio una ragazza che viene scelta fra le famiglie in Kyoto) e del messaggero dell’imperatore e cosi via, gira partendo dall’ex- palazzo imperiale fino al tempio scintoista Shimogamo e Kamigamo (Si chiama il tempio scintoista “Kamo” insieme questi due).  In questa occasione, il carro tirato dal bue, in cui sta Saio Dai, è ornamentato dai fiori della malva e il siliquastro giapponese mischiati. Perciò si chiama anche la festa di Aoi (significa “Malva”).

Poi, riguardo alla festa di Gion e Jidai, spiegherò magari, nella altra sezione.

domenica 18 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 26 ~


Due illustrazioni della vita nel palazzo imperiale
al periodo Heian


Makura no Soushi (26)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (25)

Ventesimo paragrafo ~ 7 ~

L’imperatrice ha continuato a parlare:

“Poiché Nyogo aveva fatto sapere che cosa stava succedendo su lei al suo padre, lui, il ministro, si preoccupava molto se sua figlia sbagliasse qualcosa. Perciò lui ha fatto recitare il sutra ai monaci in vari templi, poi anche lui stesso ha dedicato la preghiera volgendosi verso il palazzo imperiale tutta la giornata. Mi sono commossa veramente del comportamento del ministro che si dà premura per le cose raffinate di questo genere.”

L’imperatore, il marito dell’imperatrice, ascoltandola, ha detto con la voce piena di ammirazione:

“Che bella storia! Se fosse io in stessa situazione, non avrei mai potuto continuare a leggere fino al quarto o anzi terzo rotolo.”

Poi anche una ancella ha detto:

“Nel tempo vecchio, anche se una persona di condizione umile, aveva del talento culturale di un certo livello.” E le altre l’anno approvata ciascuna a suo modo.   

N.B:

All’inizio (nel diciannovesimo paragrafo ~ 3 ~), Shonagon ha porto una Waka cambiando solo una parte di quella vecchia all’imperatrice. Questo è proprio la risposta che voleva l’imperatrice. Ma, naturalmente, lei non ne ha detto niente con la voce, era solo quello che Shonagon presumeva. Si può dire che in questo fatto si vede un esempio della cultura giapponese cioè, noi giapponesi ogni tanto capiamo quello che vuole l’altro senza parole. Da molto tempo, i giapponesi amavano la bellezza del margine, cioè potevano immaginare quello che non era detto oppure non c'era scritto 100%. Tipico esempio di questa tendenza può essere Waka e Haiku (nato nel periodo Edo, che consiste di solo 17 sillabe). Nelle frasi brevi, noi troviamo il sentimento o il significato nascosto. Questo è proprio una certa gioia.


Io (guida Fuji), come una giapponese, amo questa cultura, pero, purtroppo devo riconoscere che ce n’è anche un difetto. Cioè, noi giapponesi siamo detti spesso che noi non esprimiamo la nostra opinione chiaramente. Secondo me, questo deriva da quella tradizione suddetta…..

giovedì 15 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 25 ~


Due foto delle pedine del Go


Makura no Soushi (25)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (24)

Ventesimo paragrafo ~ 6 ~

Nyogo, dilettandosi un po’ della curiosità che l’imperatore ha dimostrato, ha avuto anche tanto paura che se lei sbagliasse della risposta. L’imperatore invece, ha chiamato le due ancelle che conoscono abbastanza bene di Waka e ha fatto tenere le pedine del Go a ciascuna di loro (1). Questa cosa era anche grande onore per le due, perché loro erano scelte fra tante loro colleghe a questa occasione molto speciale.

Nyogo ha potuto rispondere tutto ma non ha recitato fino alla fine per non ostentare troppo la sua conoscenza.  Ma, l’imperatore ne ha continuato volendo trovare almeno uno sbaglio a ogni costa, se no, pensava che avesse perduto la faccia. E cosi, finalmente è arrivato a metà cioè fino al decimo rotolo.

L’imperatore ha finito col cedere a lei alla fine e le ha detto:

“”Forse io dovrò subire una completa sconfitta.””  E, loro due sono andati a letto.

Tuttavia, dopo alcune ore, lui si è alzato, perché è venuta una preoccupazione alla sua mente, che Nyogo poteva studiare l’altra metà a domani. E per salvare il suo onore, ha deciso di concludersi entro oggi e le ha detto:

“”Non voglio lasciare questo gioco fino a domani. Lo cominciamo subito.””

Poi, accendendo la luce, ha continuato a fare la domanda leggendo il rotolo fino a tarda notte. Nyogo pero, ha risposto tutto precisamente.  

(1) Go è un gioco fatto con pedine nere e bianche posate su una scacchiera. Vince chi sistema le proprie pedine su un territorio più vasto di quello dell’avversario. Questo gioco ha origine in vecchia Cina ed è introdotto in Giappone circa al sesto secolo. E nel periodo Nara (710 ~ 784) è diventato popolare e nel periodo Heian in cui c’è scritto questo saggio è diffuso perfino fra le donne.

In questo caso del gioco di Waka, le due ancelle, tenendo le pedine bianche e nere ciascuna, posava una pedina bianca ogni volta quando Nyogo vinceva. Invece, se lei sbagliasse, si metteva quella nera.

domenica 11 giugno 2017

La serie della letteratura giapponese ~ 24 ~

Sopra, il ritratto di Abe no Seimei (il famoso indovino nel periodo Heian)
e
Sotto, il tempio scintoista dedicato a lui




Makura no Soushi (24)

~ Il primo saggio in Giappone, scritto da Sei Shonagon ~

Il testo (23)

Ventesimo paragrafo ~ 5 ~

Poi, l’imperatrice ci ha raccontato un aneddoto come seguente:

“Nel periodo dell’imperatore Murakami (il nonno dell’imperatore allora), c’era la Nyogo di Senyouden (Nyogo è un titolo della consorte dell’imperatore, la seconda come posizione e Senyouden è il nome di una costruzione nel palazzo imperiale, in cui abitava lei.) che era la figlia del primo ministro. Lui, prima che la sua figlia sposa con l’imperatore, le ha detto:

“”Prima di tutto, tu devi prendere lezioni di calligrafia. Poi, impara a suonare Koto (una specie della cetra orizzontale) in modo che tu possa suonarla meglio di tutte le donne. Poi dopo, memorizzi tutte le Waka di Kokinshu. Queste cose possono essere proprio l’educazione da studiare per te come una donna.””

L’imperatore Murakami, sapendo questi detti in anticipo, ha visitato la costruzione di Nyogo con il rotolo di Kokinshu a mano nell’occasione di  Monoimi (1) e si è seduto piazzando un paravento in mezzo. Nyogo si è sorpresa dell’atteggiamento suo un po’ freddo cosi, ma l’imperatore, non tenendone conto, le ha domandato aprendo il rotolo di Kokinshu:

“”Come sarà la frase di Waka composta dal tale nel tale mese?””

Allora Nyogo ha capito subito che lui aveva intenzione di esaminarla.”

(1)

Monoimi significa il periodo astinente. Soprattutto nel periodo Heian, era usanza fra gli imperatori e nobili di rinchiudersi in casa chiudendo tutte le porte nei giorni infausti decisi dalla predizione dell’indovino chiamato Onmyouji (l’indovino che faceva la predizione a base del principio Yin Yang).
 I cortigiani ogni tanto lo usava come il pretesto per sabotare il lavoro….

mercoledì 7 giugno 2017

Intervallo ~ 45 ~


Due foto del tempio scintoista Ohmi JIngu


Sul gioco della carta di Waka (2)

Il gioco della carta di Waka è cominciato ad eseguire come la gara man mano. Ma la regola non era unica, cioè era differente da ogni giocatore. Nell’anno 1904 quindi, la regola è standardizzata e giunta fino ad oggi cambiandone le piccole cose. È nata anche l’organizzazione giapponese della carta di gara e dall’anno 1955, questa organizza ogni anno la gara da decidere il vincitore e dall’anno 1957, quella da decidere la vincitrice con la maniera del torneo. Il vincitore si chiama “Meijin” (il grande campione), invece la vincitrice è “Queen” (la regina).

La regola è come seguente:

I due giocatori si siedono sui talloni col busto eretto su Tatami (la stuoia di giunco) e ognuno prende 25 carte su cui sono scritte solo 14 lettere (d’ora in poi io chiamo “il verso di sotto”) che sono già mischiate bene tenendole sempre capovolte. Poi, loro le mettono a tre fili avanti a loro stesso rivoltandole il diritto sopra. Dopo, loro possono avere 15 minuti da imparare a memoria dove c’è ogni Waka sia quella di se stesso sia del suo rivale. (Naturalmente è tanto bene se loro possano imparare a memoria dove ci sono 50 carte tutte.)

Poi, per questa gara bisogna anche una persona che legge Waka ad alta voce. (si chiama un lettore o anche lettrice). Il lettore tiene 100 carte e lui comincia a leggerla dalla prima lettera del verso di sopra. I giocatori quindi, appena sentono il primo suono o massimo fino al terzo suono della lettera possono capire come sarà il verso di sotto e quando la trova, prende dando un colpetto con la mano, (Sembra quasi una lotta!)

Se un giocatore prende la carta che era messa avanti al suo rivale, lui ci può mettere una sua. Per farla breve, dopo essere lette 50 carte, perde chi ci ha più numerose nella postazione sua. Nel caso che uno sbaglia, lui deve prendere una carta dal suo rivale.

Riguardo al numero di carta, avanti dei giocatori si mettono solo 50 in totale, ma, il lettore le tiene 100.  E lui ogni tanto legge quella che non c’è nelle 50.  I giocatori quindi, devono essere molto attenti in modo che non prendano una carta sbagliandosi. Comunque, in questo caso, lui deve anche prendere una dalla postazione del suo rivale.

E cosi, per i giocatori della gara di carta, ci vuole non solamente una buona memoria ma anche la forza da agire in un attimo.


Questo gioco si fa dai vari gruppi anche dai scolari, ma la gara più famosa è quella che si tiene nel tempio scintoista Ohmi Jingu (nella provincia Shiga) per decidere il Meijin e la Queen, ogni gennaio.

domenica 4 giugno 2017

Intervallo ~ 44 ~


Due esempli della carta di Waka
Sopra, con l'illustrazione
Sotto, solo le lettere fonetiche


Sul gioco della carta di Waka (1)

Come ho scritto qualche volta in questo blog, Waka è una specie di poesia, nata in Giappone nel periodo antico (prima del periodo Nara). All’inizio, c’erano tanti stili, cioè quello lungo, corto e poi il tipo che aveva il ritmo particolare chiamato Sedouka. Ma nel periodo Heian, solo quello che consiste in 31 sillabe è rimasto come Waka.

D’ora in poi, Waka è stata sempre una delle culture molto importanti in Giappone, e ancora adesso, ci sono tante genti che l’amano.

E nel periodo Kamakura, un nobile e poeta, chiamato Fujiwara no Sadaie ha redatto cento Waka composte dai cento poeti scegliendo fra tutte le antologie per tutti i tempi.

Queste cento Waka sono cominciate a usare come il gioco della carta fra la gente di classe alta dal quindicesimo secolo.  Poi, nel periodo Edo, poiché è sviluppata un po’ l’arte dello stampo, questo gioco è diffuso fra il popolo. Soprattutto, nel periodo in cui ancora la maggioranza della famiglia giapponese era numerosa, circa 50 o 60 anni fa, questo gioco era una fisionomia del capodanno, perché tutti i membri della famiglia si radunavano in casa dei genitori a questa occasione e loro se ne divertivano di giocare. Naturalmente ancora adesso c’è questa tradizione, anche se è diventato un po’ caso raro.  

Questo gioco si fa nella maniera come seguente:


Prima di tutto, si preparano duecento carte in totale. Su quelle cento c’è scritto Waka con l’illustrazione e il nome dell’autore o autrice. Poi sull’altre cento c’è scritto solo la parte sotto (cioè 14 lettere fonetiche) senza nessuna illustrazione. E generalmente la grandezza della carta è 74mm x 53mm circa. 

(Continua alla prossima puntata)