Le due illustrazioni del paguro |
Makura no Soushi (338)
~ Il primo saggio in Giappone,
scritto da Sei Shonagon ~
Il testo (337)
Duecento novantottesimo (1)
Un giorno, noi siamo state nella stanza della sorella dell’imperatrice
nel palazzo imperiale. Allora, si avvicinava un servitore alla veranda e ha
detto quasi piangendo:
“ Ho avuto un grave danno. A chi posso esprimere il mio dolore?”
“Che è successo?” Ha domandato la nutrice del fratello dell’imperatrice
a cui è capitato di trovarsi per caso sul posto.
Il servitore ha risposto:
“Ero uscito in brevissimo tempo, ma durante questa mia assenza,
mia casa era bruciata e io e la mia famiglia stiamo vivendo adesso nella casa
estranea come il paguro che mette la sua groppa nella conchiglia dell’altro
mollusco. L’incendio ha avuto origine nel posto dove c’è ammucchiato il
foraggio per il cavallo della corte imperiale. E mia casa si trova molto vicino,
perciò si è propagata. A questo momento, dormiva ancora mia povera moglie e non
si poteva portare via nessuna mobilia. Solo mia moglie è riuscita a sfuggire
stentatamente."
Cosi, lui si lamentava in continuazione. E ascoltandolo, la
sorella dell'imperatrice rideva molto.
Allora, io ho lanciato a lui una carta su cui c’è scritto una Waka
come seguente:
Mimakusawo Moyasubakarino Harunohini Yodonosaenado Nokorazaruramu
La traduzione: Come mai si è bruciata tutta la casa con quello poco
fuoco da bruciare il foraggio.
E anche le ancelle, leggendola, rideva molto.
N.B: A noi, popolo moderno, sembra molto strano e crudele la
reazione delle ancelle contro la misera situazione del servitore. Ma noi
dobbiamo riconoscere il fatto che la sensibilità nostra e quella del periodo di
Heian è molto differente. A questo periodo non c’era nessuna concezione del diritto umano neanche quella della democrazia.
E si possono indovinare le due ragioni, perché loro ridevano al
lamento del servitore.
Il primo è che, era troppo ridicolo l’accento di parlare di questo
uomo umile per le donne nobili.
Il secondo è che, era troppo diverso il mondo da vivere per i
nobili e per il ceto popolare.