L'attuale vista del fiume Edo |
Kwaidan
(la storia dei fantasmi), scritto da Yakumo Koizumi (44)
La
storia di Chugoro (1)
C’era
una volta, un Hatamoto chiamato il sig. Suzuki. (Hatamoto è un titolo del
Samurai nel periodo Edo. Cioè, lui non era il signor feudale, ma un suddito
diretto dello Shogun, che era dato il territorio meno di 10000 Koku. Comunque,
Hatamoto significa letteralmente “Sotto la Bandiera” ed era originalmente la
guardia dello Shogun Tokugawa, che è stato sempre vicino allo Shogun nel campo
di guerra. Dopo quando il Giappone è stato messo sotto al regime di Tokugawa
Shogunato, questa guardia era promossa al suddito diretto dello Shogun con nome
di Hatamoto. Riguardo a Koku invece, consultate per favore “La storia di
Samurai (43)”)
La
residenza del Sig. Suzuki era situata vicino a un ponte chiamato Nakanohashi,
lungo del fiume Edo. E fra i sudditi
suoi, c’era un Ashigaru (la posizione più bassa nella classe di Samurai)
chiamato Chugoro, che era bello, giovane e saggio poi simpatico ai tutti.
Lui
ci lavorava già quattro o cinque anni e non ha mai commesso un errore. Ma in
questi giorni, lui ha cominciato ad uscire ogni notte furtivamente e tornato un
po’ prima dell’alba.
Alcuni
colleghi ne hanno notato, pero nessuno gli ha osato di chiedere la ragione in
faccia all’inizio. Perché nessuno di loro era disturbato dal suo atto e poi, a
loro sembrava che lui tenesse qualche segreto speciale.
Tuttavia,
col passo del tempo, la sua cera diventava sempre più brutta e anche
fisicamente dimostrava una certa debolezza. I suoi colleghi quindi, pensando
che la sua situazione era grave, hanno deciso di domandargli il motivo.
E
una notte, un collega anziano, chiamando Chugoro accanto, gli ha detto:
“Chugoro,
tu lasci ogni notte la residenza e torni all’alba. Noi tutti i colleghi ne già sappiamo.
Inoltre, tu sembri che abbia la cera brutta, perciò noi ci preoccupiamo di te
internamente, avendo paura che tu faccia compagnie cattive.
Tu,
magari mi puoi spiegare la tua situazione? Se no, noi dovremo denunciarti al
nostro capo.
Ma,
noi siamo colleghi e amici, quindi se tu mi parli francamente la ragione, io
non oserò più di complicare il problema.
Comunque,
noi vogliamo sapere la tua situazione attuale come amici, oppure tu pensi che questa
preoccupazione nostra non sia giusta, secondo te?”