mercoledì 20 gennaio 2016

Le serie degli antichi racconti giapponesi (80)


L'attuale vista del fiume Edo


Kwaidan (la storia dei fantasmi), scritto da Yakumo Koizumi (44)

La storia di Chugoro (1)

C’era una volta, un Hatamoto chiamato il sig. Suzuki. (Hatamoto è un titolo del Samurai nel periodo Edo. Cioè, lui non era il signor feudale, ma un suddito diretto dello Shogun, che era dato il territorio meno di 10000 Koku. Comunque, Hatamoto significa letteralmente “Sotto la Bandiera” ed era originalmente la guardia dello Shogun Tokugawa, che è stato sempre vicino allo Shogun nel campo di guerra. Dopo quando il Giappone è stato messo sotto al regime di Tokugawa Shogunato, questa guardia era promossa al suddito diretto dello Shogun con nome di Hatamoto. Riguardo a Koku invece, consultate per favore “La storia di Samurai (43)”)

La residenza del Sig. Suzuki era situata vicino a un ponte chiamato Nakanohashi, lungo del fiume Edo.  E fra i sudditi suoi, c’era un Ashigaru (la posizione più bassa nella classe di Samurai) chiamato Chugoro, che era bello, giovane e saggio poi simpatico ai tutti.

Lui ci lavorava già quattro o cinque anni e non ha mai commesso un errore. Ma in questi giorni, lui ha cominciato ad uscire ogni notte furtivamente e tornato un po’ prima dell’alba.

Alcuni colleghi ne hanno notato, pero nessuno gli ha osato di chiedere la ragione in faccia all’inizio. Perché nessuno di loro era disturbato dal suo atto e poi, a loro sembrava che lui tenesse qualche segreto speciale.

Tuttavia, col passo del tempo, la sua cera diventava sempre più brutta e anche fisicamente dimostrava una certa debolezza. I suoi colleghi quindi, pensando che la sua situazione era grave, hanno deciso di domandargli il motivo.

E una notte, un collega anziano, chiamando Chugoro accanto, gli ha detto:

“Chugoro, tu lasci ogni notte la residenza e torni all’alba. Noi tutti i colleghi ne già sappiamo. Inoltre, tu sembri che abbia la cera brutta, perciò noi ci preoccupiamo di te internamente, avendo paura che tu faccia compagnie cattive.
Tu, magari mi puoi spiegare la tua situazione? Se no, noi dovremo denunciarti al nostro capo.
Ma, noi siamo colleghi e amici, quindi se tu mi parli francamente la ragione, io non oserò più di complicare il problema.

Comunque, noi vogliamo sapere la tua situazione attuale come amici, oppure tu pensi che questa preoccupazione nostra non sia giusta, secondo te?”